Lo studio della storia attraverso le lettere
La storia siamo noi, siamo noi che scriviamo le lettere, siamo noi che abbiamo tutto da vincere, tutto da perdere. E poi la gente, (perchè è la gente che fa la storia) quando si tratta di scegliere e di andare, te la ritrovi tutta con gli occhi aperti, che sanno benissimo cosa fare. Quelli che hanno letto milioni di libri e quelli che non sanno nemmeno parlare...
F. De Gregori, La storia siamo noi (1985)
Le lettere presentate in questo speciale fanno parte della cosiddetta “scrittura di gente comune” o “scrittura popolare”, assieme ad altri tipi di documenti, quali diari, memorie e scritture scolastiche (i temi).
Per studiare la storia a partire da questo tipo di fonti, lo studioso deve essere consapevole della loro particolarità, che deriva da alcune ragioni che è assolutamente necessario tenere in conto.
Vi è innanzitutto il problema della soggettività di questi documenti, ovvero il fatto che le peculiarità dei singoli scriventi hanno senz’altro un’influenza notevole sul contenuto della lettera. Fattori da tenere in considerazione sono per esempio l’età di chi scrive, il suo stato sociale, il suo background culturale, le esperienze vissute, e molti altri. Legato alla questione dell’influenza della soggettività c’è anche il fatto che non si tratta di documenti scritti per essere resi pubblici (come per esempio potrebbero essere articoli di giornale, trattati, resoconti o altri tipi di fonti). Le lettere possono quindi contenere elementi difficili da interpretare per chi non è il destinatario prestabilito della lettera, come codici particolari oppure riferimenti ad avvenimenti o persone.
La seconda questione da tenere in conto, dopo quella principale legata alla soggettività, è che si tratta di documenti prodotti da persone provenienti da un’estrazione socio-culturale bassa, che hanno perciò, nella maggior parte dei casi, poca dimestichezza con la pratica della scrittura, e questo può avere chiaramente ripercussioni sulla comprensibilità del testo.
Tenendo conto di questi problemi, analizzando queste fonti,lo storico deve quindi muoversi tra il “generale” e il “particolare”, mettendoli continuamente in relazione. Per generale s’intende il contesto entro il quale il documento è stato prodotto, il momento storico, le vicende sociali, politiche e culturali che vi stanno attorno. Per quanto riguarda la produzione di lettere da parte di gente comune, gli storici concordano nel considerare le guerre e l’emigrazione come i due maggiori momenti di produzione di questo tipo di documenti. È infatti in una situazione di sradicamento dagli affetti, di stravolgimento della propria esistenza, che si fa impellente la necessità di scrivere (anche per coloro che non sono abituati a questa pratica). Il particolare riguarda invece la soggettività degli scriventi, che come abbiamo detto influenza forma e contenuto delle lettere.
Avvicinarsi a queste fonti significa anche confrontarsi con un problema di tipo linguistico. Gli anni Sessanta rappresentano un momento decisivo per la diffusione di una lingua italiana unitaria (a scapito soprattutto dei dialetti), che prende piede grazie all’influenza dei mezzi di comunicazione di massa (che avevano avuto un’enorme diffusione proprio in quegli anni), come la televisione o le riviste, ma anche grazie all’aumento della scolarizzazione. L’italiano comincia dunque a toccare nuovi strati della popolazione, che devono imparare a servirsene. Queste persone non erano abituate alla pratica della scrittura, e bisogna tener dunque conto, leggendo i testi da loro prodotti, di vari elementi, tra cui la presenza di vari registri linguistici, l’influenza del dialetto o, nel caso degli emigrati, delle lingue del paese di arrivo e soprattutto del legame tra scrittura e oralità.
Le lettere di gente comune, che come abbiamo detto, non sono state scritte per essere rese pubbliche, sono di conseguenza lacunose per quanto riguarda le informazioni che vi sono contenute. A volte per esempio, lo scrivente non specifica la sua età, oppure la sua provenienza, o non fornisce altre informazione che sarebbero utili ai fini dell’analisi storica. Bisogna dunque fare a meno di alcune informazioni che invecerisulterebbero molto utili ai fini dell’analisi, oppure cercare di estrapolarle dal contenuto del documento.
Bisogna anche dire che le lettere d’emigrazione (ma anche altri tipi di lettere) sono una fonte piuttosto difficile da trovare. In generali infatti, chi possiede della corrispondenza di questo tipo non desidera renderla pubblica, poiché la ritiene qualcosa di personale e intimo, e dunque la conserva a casa, e non la mette volentieri a disposizione degli studiosi. Anche la loro conservazione diventa quindi difficile: le lettere private sono soggette ad essere perse o gettate via, per esempio nel corso di traslochi o di altri eventi di questo tipo.
Nonostante queste difficoltà, la scrittura popolare si è rivelata una fonte importantissima per lo studio della storia, soprattutto negli ultimi decenni. Essa permette infatti di analizzare gli avvenimenti dal punto di vista di chi li ha vissuti in prima persona, e di concentrarsi dunque non più solo sui grandi personaggi, ma anche sulla gente comune, protagonista di processi storici importantissimi, come in questo caso l’emigrazione.