Il valore formativo della storia
Le varie revisioni ministeriali della scuola italiana negli ultimi anni hanno generato una serie di riflessioni epistemologiche e didattiche sui piani di formazione, sulle scelte curriculari e sulle singole materie. La riflessione sull’insegnamento della storia non solo ha seguito questa tendenza, ma si è trovata altresì al centro del dibattito, soprattutto per le implicazioni politiche della scelta italiana di mettere l’accento sullo studio della Storia contemporanea. Il dibattito – che spesso si è consumato tra accuse alla faziosità della manualistica storica e riferimenti alle tendenze revisioniste – ha messo in luce una caratteristica peculiare dell’insegnamento della storia, quella di avere una forte valenza politica e identitaria.
Anche nella Svizzera italiana il dibattito ha avuto vasta eco, soprattutto perché alimentato dalla discussione sul rafforzamento dell’educazione civica nelle scuole. Anche in questo caso, la storia, soprattutto nella scuola media, è stata individuata – a giusta ragione – come la materia privilegiata in cui insegnare l’educazione alla cittadinanza.
In entrambi i dibattiti è emerso con evidenza come ci sia un sentire comune che deleghi alla materia storia un ruolo che, superando la semplice conoscenza della disciplina insegnata, gli avvenimenti storici appunto, si faccia artefice della formazione civile dello studente. Questo valore formativo della conoscenza storica è condiviso dagli specialisti della didattica storica e dagli stessi insegnanti. Il pedagogo Emilio Lastrucci, a questo proposito, rileva come si debba «abbandonare la concezione che riguarda la storia come una semplice disciplina che concorre insieme alle altre ad arricchire il patrimonio di conoscenza del discente». In quest’ottica «la storia possiede potenzialmente un valore formativo estremamente elevato, in ragione del ruolo determinante che la coscienza/consapevolezza del passato rappresenti una meta educativa prioritaria per il sistema formativo di una società democratica avanzata».
Il valore formativo della storia non si presenta unicamente nell’aspetto disciplinare delle conoscenze trasmesse, ma si rivela più proficuo attraverso lo sviluppo nello studente di specifiche competenze e abilità cognitive. Perché, come scrive Giulio Ghidotti, «se i valori civici e sociali non poggiano su strutture cognitive capaci di analizzarli, criticarli e apprezzarli, si rischia di erogarli sotto forma di indottrinamento e l’insegnamento che indottrina produce un rapporto insoddisfacente con la storia, anche quando ispirato da valori democratici e di solidarietà sociale».
La storia, dunque, non deve formare il futuro cittadino – come spesso è stato fatto – attraverso l’esposizione di esempi morali o moralisteggianti, ma attraverso l’esercizio «delle cosidette ‘capacità critiche’, ossia di quelle forme di ragionamento del più elevato ordine di complessità, finalizzate alla formulazione di giudizi e valutazioni fondanti e logicamente coerenti». Senza tali compentenze, sottolinea ancora Lastrucci, «la coscienza e la personalità dell’individuo risulterebbero monche e incomplete». L’insegnamento della storia ha un valore formativo quando invita lo studente a utilizzare quegli strumenti che lo portano non a giudicare ma a comprendere criticamente il passato e, di conseguenza, il presente.
L’accento sulle capacità cognitive da sviluppare nell’insegnamento della storia è andato pari passo, nel ventesimo secolo, con l’evoluzione della storiografia. Uno dei precursori di questo rinnovamento storiografico, il francese Marc Bloch, scriveva nella sua celebre Apologia della storia, che la disciplina – e di conseguenza il suo insegnamento – aveva un valore morale nel privilegiare la comprensione sul giudizio:
«Un giudizio di valore non ha ragione di essere se non come preparazione di un’azione e ha senso soltanto in rapporto a un sistema, volontariamente accettato, di punti di riferimento morali. […] Una parola domina i nostri studi: “comprendere”. Non comprendiamo mai abbastanza, giudichiamo troppo spesso. Colui che differisce da noi – straniero, avversario politico – passa, quasi necessariamente per un malvagio… La storia, pur che rinunci alle sue false arie da arcangelo, deve aiutarci a guarire da questo difetto. E’ una vasta esperienza delle varietà umane, un luogo di incontro degli uomini».Lo stesso Bloch però ammoniva che comprendere non sottintendeva affatto un atteggiamento di passività. Attraverso il metodo critico l’allievo si trova a compiere un’attività riflessiva sulle sue proprie convinzioni e ad adattarle alla situazione a cui è confrontato. La costruzione delle conoscenze storiche passa dunque di pari passo con la costruzione della propria mappa mentale, e dei propri valori9. Insegnare un metodo critico vuol dire in fondo confrontare lo studente con il valore del rispetto, della dignità umana e della libertà.