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Introduzione

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Introduzione

La credenza che certi uomini e donne posseggano poteri malefici con cui sono in grado di danneggiare gli altri ha probabilmente una dimensione universale. Secondo un'immagine comune del Medioevo vi è un nesso molto stretto fra i «secoli bui» e il fenomeno della «caccia alle streghe», con tutto il suo seguito di processi mostruosi, di pratica della tortura e di innumerevoli vittime bruciate sui roghi. In realtà questa immagine comune è errata: la stregoneria e la caccia alle streghe sono un fenomeno tipicamente moderno che risponde alle esigenze e alla mentalità di una società intera.

L'esame spassionato dei fatti deve invece portare a modificare questa immagine. In fatto di streghe e stregonerie i secoli più «oscuri» del Medioevo appaiono certo meno «medievali» del pieno Rinascimento. Fino al XII secolo gli ecclesiastici considerarono le dicerie sulla stregoneria una superstizione popolare. Nel XIII e XIV secolo si preoccuparono più degli eretici (contro i quali fu costituito dal 1231 l'apparato giudiziario dell'Inquisizione) che delle streghe. Il manuale scritto dall'inquisitore francese Bernard Gui (1261-1331) per aiutare i giudici ecclesiastici nelle loro inchieste si occupa di catari, valdesi e altre sette ereticali e s’interessa a maghi, indovini e invocatori di demoni unicamente se rintraccia nelle loro credenze dottrine eretiche.

Già dalla seconda metà del Trecento la teologia scolastica aveva però cominciato a elaborare la dottrina del patto delle streghe col diavolo. La vera svolta si ebbe nell'anno 1484, quando il pontefice Innocenzo VIII fece sua questa dottrina ed emanò una bolla intitolata Summis desiderantes affectibus, invitando i vescovi tedeschi a mettere maggiore energia nella lotta contro le streghe e gli stregoni. Nel 1487 due domenicani tedeschi, Heinrich Institor e Jakob Sprenger, fornirono agli inquisitori che si occupavano di stregoneria un manuale intitolato Malleus maleficarum (Il martello delle streghe). Fra le domande che gli inquisitori dovevano fare al sospetto di stregoneria vi era la seguente: «se ritiene che esistano le streghe e se crede che siano possibili le cose che si raccontano, come suscitare tempeste, danneggiare animali e uomini»; la risposta negativa era già un indizio di colpevolezza, e ciò rovesciava completamente la posizione assunta dalla chiesa nell'«oscuro» Medioevo. Fu proprio nel pieno Rinascimento che la credenza nelle streghe cominciò a uscire dalle superstizioni popolari, per essere accolta e rielaborata dagli uomini di cultura.

Il più intenso periodo di caccia alle streghe fu quello compreso fra il 1550 e il 1650. Le cifre riferite dai primi storici della caccia alle streghe (un milione e più di vittime) sono sicuramente fantasiose, ma i processi e le condanne a morte dovettero contarsi nell'ordine delle decine di migliaia. 
Fra le spiegazioni che sono state offerte al fenomeno dell'ossessione per la stregoneria, un posto di rilievo va attribuita a quella che fa notare la concordanza cronologica con il periodo della Riforma protestante e delle guerre di religione. Non è invece possibile attribuire ai rigori della Controriforma piuttosto che al fanatismo delle chiese riformate il clima che scatenò la caccia alle streghe: nell'area tedesca non ci furono grandi differenze quanto a zelo persecutorio fra stati cattolici e stati protestanti e lo stesso emerge se si mette a confronto la Francia con l'Inghilterra e la Scozia.

Condizioni climatiche e carestia, guerre e povertà, considerazioni sul genere e sull’età, intreccio tra costruzioni ideologiche e cultura “popolare”, droghe allucinatorie e ansie sociali: tutti questi e probabilmente altri fattori hanno concorso nel determinare gli accadimenti della grande stagione della caccia alle streghe. Appare comunque evidente la difficoltà di offrire una spiegazione monocausale per la caccia alle streghe dei secolo XV-XVIII. La stregoneria la si comprende soprattutto se la si considera come il risultato di una costruzione mentale, nel senso di sociale e psicologica, nella quale l’intera società era protagonista.

La stregoneria in epoca moderna è stata ben altro che un fenomeno residuale di “età oscure”, di pratiche folkloristiche o volgari, ma rispondeva dunque alle attese e paure sociali tipiche del suo tempo.

La caccia alle streghe e la stregoneria rispondevano a conoscenze e aspettative generalizzate a più livelli nella società: il che favoriva le confessioni, e allo stesso modo permettevano di pensare che un racconto o una testimonianza che non confermassero le proprie attese fossero da interpretare come reticenti. L’estrema varietà di concause sembra configurare stregoneria e caccia alle streghe come una sorta di grande narrazione. Non solo nel senso che la costruzione demonologica fornì alla società europea moderna un discorso all’interno del quale interpretare il mondo; ma anche e soprattutto nel senso che l’intera società del tempo, o una buona parte di essa, produsse una meta narrazione nella quale collocare e riporre, dando loro un senso, un insieme di fenomeni diversificati: dalle mire politiche alle liti di vicinato, dal problema del male e della sofferenza al sospetto per i marginali, con l’immensa gamma di ragioni che si possono trovare nelle zone di grigio tra tali estremi.

Liberamente tratto da M. MONTESANO, Caccia alle streghe. Roma, Salerno Editrice, 2012.

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