La Giornata della memoria 2019 dedicata alla storia tragica dei nativi americani
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La storia tragica dei nativi del Nord America si rispecchia in un presente difficile in cui le popolazioni cercano di conservare una memoria collettiva. Diversi studiosi hanno affrontato la tematica offrendo spunti originali e discussi: combattuta è soprattutto la questione che verte sulla portata dello sterminio delle popolazioni indigene: si può parlare di genocidio sociale e culturale perpetrato volontariamente contro i nativi del Nord America?.
La storia del rapporto fra europei e nativi si consumò nell’arco temporale che va dal 1585 al 1890.
Se si escludono alcune rudimentali basi di appoggio costiere per la pesca realizzate sull’isola di Terranova da pescatori europei nella prima metà del Cinquecento, il primo vero tentativo d’insediamento britannico in Nord America avvenne fra il 1585 e il 1590 su iniziativa di Walter Raleigh a Roanoke Island, nella regione che fu battezzata Virginia in onore di Elisabetta I. Un tentativo finito male, poiché, solo cinque anni dopo, della colonia non vi era più alcuna traccia. Sarà la fondazione di Jamestown, nel 1607, a segnare l’inizio vero e proprio del popolamento inglese delle terre settentrionali del Nuovo Mondo.
Il 1890 è l’anno del massacro di Wounded Knee, che segnò la fine delle Guerre indiane e, con essa, l’epilogo della lotta di resistenza dei nativi americani contro i pronipoti di quei primi coloni inglesi, ora fieramente americani, sbarcati in Virginia trecento anni prima.
«Noi riteniamo che queste verità siano di per sé evidenti, che tutti gli uomini sono stati creati uguali»
Con queste parole inizia il secondo capoverso della Dichiarazione di Indipendenza sottoscritta dai rappresentanti delle 13 colonie nel 1776, che prosegue “…e che sono dotati dal loro Creatore di certi inalienabili diritti fra i quali quelli alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità”.
Che cosa avvenne veramente fra il 1585 e il 1890? E che cosa avvenne dopo?
C’è chi parla di genocidio e chi preferisce non utilizzare questo termine, ritenendo si debba riservare a pochi casi, tutti avvenuti nel XX secolo. È ciò che pensa, ad esempio, Peter Cozzens, storico americano, autore di numerose pubblicazioni sulla Guerra di Secessione e sul West, il quale, nella prefazione del suo ultimo libro, “La terra sta piangendo”, apparso per Mondadori nel 2018, scrive:
- “Agli occhi dell’opinione pubblica, il governo [americano] e l’esercito degli ultimi decenni del XIX secolo sono diventati sterminatori intenzionali dei nativi dell’Ovest. In realtà la risposta del governo alla “questione indiana”, come in genere la si chiamava, fu incoerente e, benché ci siano state stragi e siano stati violati trattati, Washington non contemplò mai l’ipotesi del genocidio.”
L’opinione di Cozzens è condivisa da altri studiosi. Tra questi, l’autorevole storico francese Bernard Bruneteau, autore de “Il secolo dei genocidi” (Il Mulino 2006), il quale ha difeso questa tesi a margine di una giornata di studio tenutasi nel dicembre 2015 a Lugano.
Da parte sua, lo storico tedesco Norbert Finzsch, come ricorda Naila Clerici in un articolo apparso sul numero speciale della rivista Tepee “Sfumature di rosso” (2011) , sostiene che gli eventi che riguardano i nativi del continente americano (compresi Centro e Sud America) “si svolgono su un arco di cinquecento anni” e che occorre fare “una distinzione “tra etnocidio pre-moderno e moderno genocidio. Il genocidio può essere causato da una serie di pratiche quotidiane non immediatamente evidenti”.
Ancora Finzsch:
- “Il loro fine [dei coloni] veniva raggiunto naturalmente, con l’appropriazione dei terreni e la distruzione ambientale, fino a giungere ad incursioni armate e forme di guerra biologica. […] La politica di espulsione attuata dal presidente Jackson all’inizio dell’Ottocento, che causò la diminuzione del 35% delle popolazioni indigene coinvolte (subirono marce forzate, fame e malattie), fu genocidio, anche se fu una conseguenza della politica statunitense dell’epoca e non qualcosa di programmato in anticipo.”
È indubbio: le parole contano, e vanno usate con cautela e con la necessaria perizia. Ma l’obiettivo prioritario che ci prefiggiamo dedicando la giornata della memoria al tema dei nativi del Nord America è piuttosto quello di aprirsi alla conoscenza di ciò che è avvenuto e di come è avvenuto, e di capire qual è stato il contesto culturale, ideologico e materiale nel quale hanno preso forma le tragiche vicende che hanno determinato l’eccidio dei nativi.
E oggi? Chi sono gli eredi di quel popolo, o meglio, di quei popoli che hanno subìto così duramente le conseguenze delle vicende storiche iniziate con il primo viaggio di Colombo? Quanti sono gli appartenenti alle nazioni indiane? Quale immagine hanno di sé? Come vivono la propria “indianità”? Le cifre sembrano essere rassicuranti: il censimento del 2010 parla di 573 nazioni e di 5,2 milioni di “indiani americani”, tra cui 2,9 indiani che si autodefiniscono “American Indian and Alaska Native alone”, cioè non “mescolati” con altri popoli. Ma, al di là dei numeri, resta da stabilire quali siano le condizioni socio-economiche e culturali in cui vive questa importante minoranza.
E ancora: che cosa sanno i nostri ragazzi dei nativi americani? In un’epoca in cui i film western sembrano aver perso il fascino che esercitavano sui giovani nati negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, è molto probabile che anche quelle poche e stereotipate nozioni che circolavano fino a qualche anno fa al di qua dell’Atlantico non facciano più parte del vissuto di chi, oggi, è in età scolastica.
A Naila Clerici, Nina e Nolan Berglund, nostri graditi ospiti giunti in Ticino da Torino e da Minneapolis, il compito di spalancare le finestre verso Ovest, per aiutarci conoscere e capire una realtà ancora troppo lontana e misconosciuta, e che fatica a trovare il posto che merita nelle aule scolastiche.
Per meglio capire la problematica e per aiutare a proporre attività didattiche sul tema, l'atis fornisce un Dossier didattico che può essere scaricato in allegato.
In questo dossier didattico sono presentati i vari aspetti della storia dei nativi dell'America del Nord.
BIBLIOGRAFIA SOMMARIA
- Bianchi Bruna (a cura di), Jeremiah Evarts e i diritti delle nazioni indiane, in http://www.unive.it/media/allegato/dep/Documenti/13_Evarts.pdf
- Allen Billington Ray, Storia della conquista del West, Casa editrice Odoya, Bologna 2009
- Baylin B. e Wood G. S., Le origini degli Stati Uniti, Casa editrice Il Mulino, Bologna 1987
- Brown Dee, Seppellite il mio cuore a Wounded Knee, Mondadori, Milano 1970
- Colombo, Vespucci, Verrazzano, Prime relazioni di navigatori italiani sulla scoperta dell’America, a c. di L. Firpo, UTET, Torino 1966
- De Lahontan, Nuovi viaggi del signor Barone de Lahontan nell'America Settentrionale, 1703, cit. in Ph. Jacquin, Storia degli indiani d’America, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1976
- Jacquin Philippe, Storia degli indiani d’America, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1976.
- Jones Maldwyn A, Storia degli Stati Uniti d’America. Dalle prime colonie inglesi ai nostri giorni, Edizione speciale per il Corriere della Sera, Bergamo 2005
- Lawson John, A New Voyage to Carolina, 1709; full text in Documenting the American South, University of North Carolina–Chapel Hill Library, at docsouth.unc.edu/nc/lawson/lawson.html.
- McLoughlin W., Cherokees and the Missionaries 1789-1839, University of Oklahoma Press, Norman 1995
- Siegfried Augustin, Storia degli indiani d’America, Casa editrice Odoya, Bologna 2009
- Zinn Howard, Storia del popolo americano. Dal 1492 a oggi, Il Saggiatore, Milano 2010
- Zinn Howard, Voci del popolo americano. Dalle rivolte dei primi schiavi alla guerra al terrorismo, Il Saggiatore, Milano 2004
Nella tabella seguente si possono osservare con precisione le attività previste nell'ambito della "Giornata della memoria":
ATTIVITÀ PREVISTE: