"Uomini contro" di Francesco Rosi
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l film si ispira liberamente al libro di Emilio Lussu "Un anno sull'altipiano". In quest'opera autobiografica, scritta nel 1938, l'autore rievoca con grande umanità e con esemplare sobrietà linguistica l'esperienza di combattente della prima guerra mondiale.
La vicenda si svolge sull'altipiano di Asiago durante la prima guerra mondiale. Il generale Leone, bramoso di gloria e incurante delle perdite umane, obbliga i suoi uomini a sanguinosi e inutili assalti permettendo così ai suoi due sottufficiali, Sassu e Ottolenghi, di prendere coscienza delle radici di classe della guerra.
Impoverendo delle sue riflessioni sull'interventismo e le insofferenze del mondo contadino il romanzo di Emilio Lussu a cui si ispira, il film analizza la Grande Guerra come contrasto di classe tra ufficiali e truppa, accentuando la descrizione di un militarismo ai limiti della follia (la scena delle corazze antiproiettili).
Uomini contro è dunque un vibrante manifesto antimilitarista che, nel clima di polemica rivisitazione critica della storia italiana a ridosso dell'ondata di contestazione del Sessantotto, denuncia la natura di crudele e inutile massacro del primo conflitto mondiale e la mistificazione di una retorica bellicista che l'ha sempre celebrata come evento glorioso, fondativo della coscienza e dell'unità nazionale.
L'atto d'accusa del film assume, però, un valore universalistico, travalicando la specificità del singolo accadimento storico per estendersi alla guerra in sé e alla mentalità militarista come sovrastruttura ideologica che la giustifica ed esalta (il mito dell'eroismo, la bellezza della guerra, la mistica del sacrificio, ecc…).
L'urgenza del messaggio antimilitarista, certo efficace nello scuotere la coscienza dello spettatore e nel suscitarne l'indignazione, determina la schematicità con cui vengono ritratti i personaggi, privi di sfumature e chiaroscuri, distanti da ogni approfondimento psicologico, tutti ridotti a figure-simbolo di precise posizioni ideologiche e condizioni umane.
La tesi del film (la guerra disumana carneficina funzionale agli interessi delle classi dominanti), più che dimostrata inserendola nella complessità di un preciso momento storico, come fu quello della Prima Guerra Mondiale, viene urlata attraverso l'accumulo di situazioni estreme, insostenibili nella loro terrificante crudezza (corpi maciullati, fughe impossibili per sfuggire alla fucilazione, processi sommari, ecc..). Quest'ansia del film di evidenziare gli aspetti più agghiaccianti del conflitto finisce quasi per nuocere alla stessa causa antimilitarista che propugna, nel senso che si potrebbe essere indotti a pensare che sarebbe sufficiente sostituire al pazzo Leone un generale più umano e ragionevole ed evitare di porsi impossibili obiettivi strategici per rendere accettabile la guerra.
(fonte: http://www.pacioli.net/ftp/def/paciolicinemaecineteca/PacioliCinema/3-Film/Film2001/188.htm)
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