«Oggni cosa è mal incaminata»: Diario di Giovanni Anastasia, contadino di Breno
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Per molti anni della sua vita Giovanni Anastasia, un contadino di Breno, ha quasi quotidianamente lasciato traccia delle sue giornate in un voluminoso diario, dove espone non solo le sue molteplici attività, ma anche le sue preoccupazioni e i suoi pensieri: «oggni cosa è mal incaminata» scrive più volte.
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Il manoscritto, a lungo creduto scomparso, consta di circa 2100 pagine e le annotazioni giornaliere sono poco meno di 4500 sull’arco del periodo 1817-1866, pur con qualche interruzione. L’autore del diario si sofferma sulle condizioni meteorologiche, descrive le difficoltà della produzione agricola e dell’allevamento e sottolinea i problemi legati all’emigrazione stagionale.
Nelle sue pagine si possono altresì cogliere i numerosi aspetti sociali e le dinamiche che caratterizzano un villaggio ticinese nella prima metà dell'Ottocento, anche se i passaggi di maggiore interesse sono probabilmente quelli che riguardano la tribolata vita quotidiana della sua famiglia.
La pubblicazione, che ha richiesto anni di lavoro, conterà oltre 800 pagine e sarà strutturata in quattro volumi: tre contenenti la trascrizione integrale del Diario (1817-1846, 1847-1855 e 1856-1866) arricchiti da note, immagini e schede di approfondimento e un quarto comprendente saggi e strumenti.
È curata da due collaboratori del Museo del Malcantone - Daniele Pedrazzini e Damiano Robbiani - e da Giovanna Ceccarelli del Centro di dialettologia e di etnografia di Bellinzona.
Nel quarto volume sono racchiusi tre saggi (di Bernardino Croci Maspoli, curatore del Museo, di Giovanna Ceccarelli e di Miriam Nicoli) e una serie di strumenti (nota editoriale, glossario, indice toponomastico, indice biografico, albero genealogico, cronologia).
In uno dei testi che accompagnano il diario, Miriam Nicoli (Università di Berna), che da anni si occupa insieme ad altri studiosi di repertoriare e scritture personali (diari, autobiografie, memorie, relazioni di viaggio) conservate nei principali archivi e biblioteche della Svizzera redatti tra il 1500 e la prima metà dell’Ottocento, scrive che lo stesso «può essere definito un documento sorprendente a tutti gli effetti.
Una fonte fino ad ora inedita e sconosciuta alla storiografia elvetica sebbene di grande ricchezza per storici, antropologi e linguisti che permette di studiare il vissuto (narrato) di un contadino di inizio Ottocento: insomma un vero unicum grazie alle sue peculiari caratteristiche.